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Clima

Per non affogare in un mare di plastica

05.06.2024

La Giornata Mondiale dell’Ambiente, che si celebra il 5 giugno di ogni anno, è nata nel 1972 in seguito alla Conferenza di Stoccolma organizzata dalle Nazioni Unite. In quell’occasione si afferma che l’umanità “è altamente responsabile della protezione e del miglioramento dell’ambiente davanti alle generazioni future“. Per la prima volta si riconosce l’esigenza planetaria di proteggere l’ambiente, le cui risorse devono essere utilizzate in modo da evitarne l’esaurimento e da assicurare che i benefici del loro sfruttamento siano condivisi da tutti. Uno dei maggiori problemi ambientali si trovano nei nostri oceani, che contengono quantità inimmaginabili di rifiuti di plastica:

Secondo un sondaggio dell’Organizzazione delle Nazioni Unite del 2019 l’inquinamento causato dalla produzione di plastica è diventato uno dei maggiori problemi ambientali sommato al cambiamento climatico e all’inquinamento delle acque. Dallo studio emerge che la metà di tutta la plastica finora fabbricata è stata prodotta negli ultimi 15 anni e la tendenza alla crescita non sembra destinata a esaurirsi, visto che la produzione è passata dai 2,3 milioni di tonnellate del 1950 ai 448 milioni di tonnellate del 2015.

Ottenute da carburanti fossili i prodotti in plastica sono comparsi circa un secolo fa nella nostra vita rivoluzionandone tutti gli aspetti e trasformandola in modo così profondo che oggi è impossibile solo immaginare di poterne fare a meno. Il tutto non senza conseguenze: secondo un rapporto dell’AEA (Agenzia Europea dell’Ambiente) la produzione di plastica ha comportato il ricorso a grandi quantità di risorse fossili, con gravi conseguenze per l’ambiente e l’evoluzione dei cambiamenti climatici. Inoltre, le proiezioni non disegnano un futuro più roseo: se la produzione di plastica continuerà ad aumentare con questi ritmi entro il 2050 questo settore industriale sarà responsabile del 20 % del consumo mondiale di petrolio. Inoltre, i dati dell’AEA sui valori delle emissioni di gas serra evidenziano che quelle annue collegate alla produzione di plastica nell’UE ammontano a circa 13,4 milioni di tonnellate di CO2, pari a circa il 20 % delle emissioni dell’industria chimica in tutta l’Unione.

Una così ampia diffusione di plastica ha prodotto sicuramente dei benefici, ma ha anche l’incrementato la cultura dell’usa e getta: ad oggi le plastiche monouso costituiscono il 40% di tutte quelle prodotte ogni anno e spesso hanno una vita molto breve, pochi minuti o poche ore come le buste o gli involucri del cibo, e rimangono nell’ambiente, se non opportunamente smaltiti, per centinaia di anni con ripercussioni sull’ ambiente e sull’ uomo. A subirne gli effetti non sono solo le nazioni più povere dell’Asia e dell’Africa dove la raccolta dei rifiuti è inesistente ma anche i paesi sviluppati, quelli che non hanno ancora elaborato dei validi sistemi di gestione del rifiuto “plastica”.

In particolare, la presenza di plastica negli oceani è indice di un alto tasso di inquinamento, alla lunga tremendamente nocivo. I rifiuti arrivano nel mare dalla terraferma oppure vengono trasportati dai fiumi più grandi, i quali agiscono come nastri trasportatori. Una volta in mare una parte di essi rimane sulla costa mentre un’altra, catturata dalle correnti oceaniche, può arrivare in tutto il mondo. Tristemente famose le “isole di plastica”, dei veri e propri atolli di rifiuti non solo plastici, che si trovano nell’oceano Pacifico. In acqua molte di queste sostanze plastiche sono degradate dalle onde, dal sole e dal vento sole, dal vento e in piccole parti anche più piccole di mezzo centimetro. Queste microplastiche provocano gravi danni all’ambiente e alla salute degli esseri viventi riuscendo ad entrare nel circuito della rete alimentare e trasferendosi da organismo a organismo fino a raggiungere l’uomo.

Una volta arrivati in mare è pressoché impossibile recuperare le microplastiche. Esistono sistemi meccanici ma sono efficaci per i residui più grandi. L’obiettivo è quindi quello di non farceli proprio arrivare, partendo da una progettazione che tenga conto della breve vita della maggior parte del packaging, passando per il miglioramento dei sistemi di gestione e di riciclaggio, fino a un minor utilizzo di tutta la plastica monouso di cui si può fare a meno.

 

cc/co

 

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