Con questa esortazione si può riassumere il senso dell’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), pubblicato il 28 febbraio, come ammonimento per le conseguenze dell’inazione sui rischi climatici.
Le mezze misure non sono più una possibilità, secondo il rapporto dell’IPCC del 2022, attualmente, l’obiettivo di 1,5 gradi è ancora fuori portata nonostante le azioni intraprese. Solo un cambiamento sistematico eviterà gli impatti climatici più gravi. È necessario, accelerare i tempi di attuazione delle strategie di adattamento al cambiamento climatico e, allo stesso tempo, ridurre profondamente le emissioni di gas serra. Le azioni intraprese fino ad oggi non sono uniformi e soprattutto non sono commisurate ai crescenti rischi connessi all’aumento di CO2.
L’aumento di ondate di calore, siccità e inondazioni stanno già superando le soglie di tolleranza di piante e animali, causando mortalità di alcune specie tra alberi e coralli. Condizioni meteorologiche estreme che sempre più spesso si verificano simultaneamente e che producono impatti a cascata difficili da gestire. Situazioni che espongono milioni di persone a grave insicurezza alimentare e idrica, soprattutto nelle zone del mondo tra le meno garantite. E sono proprio queste le popolazioni più colpite mentre quelle ricche continuano ad essere le principali responsabili delle emissioni e quindi del riscaldamento globale. Il 10 per cento più ricco della popolazione mondiale causa tra il 34 e il 45 per cento di tutte le emissioni di gas serra.
Ma che sia ricco o povero, in ogni caso per garantire che la temperatura non aumenti di più di 1,5 gradi Celsius – per non parlare dei 2 gradi Celsius – rispetto ai livelli preindustriali, le emissioni globali di CO₂ dovrebbero raggiungere il picco tra il 2020 e il 2025 – cioè scendere al massimo in tre anni. Per 1,5 gradi, la quantità di gas serra dovrebbe scendere del 43% nel 2030 rispetto al 2019. E al più tardi all’inizio degli anni 2050, il mondo dovrebbe funzionare completamente CO₂-neutralmente, riscaldare, raffreddare, spostare e nutrire.
In termini concreti, questo significa, per esempio, che non si dovrebbero più costruire nuove centrali elettriche a carbone, e anche le infrastrutture esistenti potrebbero esaurire la quantità di CO₂ che l’umanità ha ancora a disposizione per raggiungere l’obiettivo di 1,5 gradi. La mobilità del futuro deve essere neutrale per il clima – preferibilmente elettrica, e presto. I requisiti di conversione per il settore edilizio – specialmente quando si tratta di riscaldamento e risparmio energetico – devono essere neutrali per il clima, non solo rispettosi del clima. Una politica meno ambiziosa aumenta il rischio che la svolta ristagni per decenni, scrivono gli autori.
I cambiamenti di comportamento, in particolare, potrebbero far risparmiare dal 40 al 70 per cento delle emissioni in singole aree, come nell’alimentazione ad esempio si possono avere importanti risultati cominciando a ridurre il consumo di carne. Inoltre, una ristrutturazione fondamentale delle infrastrutture, dalle piste ciclabili ai taxi elettrici condivisi, potrebbe fare una grande differenza.
Secondo l’IPCC, la scienza e la ricerca indicano anche che la protezione del clima non potrà essere indolore ed è probabile che ci saranno dei costi in termini di benessere economico. In linea di principio, gli autori partono dal presupposto che le misure di protezione del clima precoci e rigorose sono relativamente costose, ma possono essere utili a lungo termine e portare un successo più rapido. Il cambiamento climatico renderà la vita più scomoda nei paesi ricchi, nei paesi più poveri diventerà esistenziale per molte persone.